Friedrich - Wanderer in a Sea of Fog

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sabato 14 dicembre 2013

Prove di Perfezione - Cap 2. Vivere

Amava vivere in quella casa, una villetta indipendente in un paese lontano dalla frenesia della città. Riconosceva come suo l'ambiente naturale in cui era immersa, trovando piacere e conforto nell'incessante canto degli uccelli che al mattino la svegliavano, iniziandola alla giornata con le loro armonie sempre varie, o nel lento strisciare del vento che muoveva le foglie voluminose del ciliegio.
Sin da piccola coglieva il significato nascosto in quella vita appartata, idilliaca, in cui la natura e l'amore della sua famiglia costituivano le solide fondamenta sopra le quali formare il suo spirito e la sua personalità.

Non avrebbe saputo immaginare un’esistenza diversa da quella, ma il futuro era per lei un grande calderone di incertezze e interrogativi.
Si svegliava ogni mattina con la convinzione fittizia che sarebbe stato sempre quello il suo unico risveglio.
Forse era paura, la sua.
Paura del mondo contaminato dalla falsità.

Conclusi gli anni della scuola media, fu costretta a proseguire i suoi studi in città. Ogni mattina, alle sette, partiva col padre per andare a scuola.
Ritratto di vita. Il profumo di caffè latte appena fatto, la madre che spalanca le persiane e i raggi del sole che inondano di luce ogni angolo della cameretta, disturbando i suoi occhi affaticati dal sonno. Comincia un altro giorno. Emma si alza, si veste, si lava e fa colazione. Suo padre è in macchina che la attende. Cartella in spalla e si parte. Dal finestrino il suo sguardo curioso osserva i paesaggi conosciuti: luci, colori, alberi, personaggi, sono sempre gli stessi, ma con un giorno in più da sommare alla vita. C’è sempre la stessa vecchietta che attende l’autobus sul ciglio della strada e c’è sempre il pensiero che “certo! sarebbe meglio se mettessero delle panchine per le persone che aspettano”. Del resto la vita è soprattutto attesa. Tanto vale stare comodi.
Anche la strada è sempre la stessa, con le sue buche e i suoi dossi...e il rumore prevedibile dei tombini calpestati dalle ruote che girano.
E girano.


Le persone sembrano voler dimenticare quanto sia fragile la vita.
La verità è che un uomo, un uomo qualsiasi, può spegnersi e affliggersi di fronte alla quotidianità, all'incessante e circolare ripetersi di azioni ed emozioni, al punto tale da svalutare lo stesso concetto di esistenza.
Alcuni ci riflettono, altri se ne vogliono dimenticare. E certamente quest’ultimo atteggiamento non è da biasimare, dal momento che tante menti geniali giunsero alla conclusione che la mancanza di consapevolezza può esorcizzare l’infelicità. Un po’  come accade negli animali.
Elizabeth conosceva bene queste filosofie, se ne appropriava e si perdeva nella loro indeterminatezza.
Percorreva vie che il reale avrebbe voluto precluderle.
Scrutava il mondo in cerca di sé. Passeggiava per strada e osservava le case, e delle case osservava le finestre, e tra tutte le finestre si soffermava su quelle con le luci accese, mentre con la mente cercava di immaginare quale vita stesse animando quelle stanze illuminate: quale famiglia stesse mangiando a tavola, quale donna stesse aspettando che il suo uomo tornasse dal lavoro, quale nonna stesse guardando le foto del suo defunto marito. In macchina si chiedeva dove corressero, dove andassero sempre tutte quelle scatole a quattro ruote, quali e quante vite trasportassero. E quando vedeva un autobus passare, il filo dei suoi pensieri si intrecciava a tal punto che nemmeno lei riusciva a trovarne un senso. Quante esistenze che si muovevano dentro un unico mezzo di trasporto, quanti bambini andavano a scuola, quante madri a fare la spesa, quanti uomini a lavoro e quanti giovani all'università, con il quaderno degli appunti in mano e la tracolla sulla spalla. Cosa muoveva tutte quelle vite umane? Dove andavano, cosa cercavano tutti, incessantemente? Cosa li spingeva a vivere consapevoli dell’insensatezza di vivere?
Poi un uomo.
Seduto su una panchina.
Un girasole in mano.
Arriva una donna.
Lo abbraccia.
Lo bacia.
Lui le porge il girasole.
Lei sorride, lo prende per mano.
Vanno via.
La luce dei lampioni sembra illuminare i loro volti.

Lì, in quel preciso istante… la vita scrive la sua più segreta poesia.

Andava a scuola come tutti i ragazzi della sua età. Inseguiva sogni, come tutti. Amava, come tutti.
E nel frattempo sperava di riuscire un giorno a sfuggire dall'ombra opprimente dell’anonimato, della mediocrità, dell’abitudine.
Così fuggì, fuggì dal piccolo mondo in cui era nata e cresciuta.

Fuggì nella grande città.

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