Friedrich - Wanderer in a Sea of Fog

Friedrich - Wanderer in a Sea of Fog
Friedrich - Wanderer in a Sea of Fog

giovedì 13 dicembre 2012

Descrizione di un pomeriggio insolito


Prendi una giornata uggiosa, grigia, fredda; una di quelle giornate in cui rimpiangi i bei pomeriggi d'inverno in famiglia, fatti di camino, castagne, lenticchie e coperte di flanella.
Prendi una giovane ragazza sui vent'anni, con occhi grandi che scrutano il mondo e i volti variopinti delle persone.
Prendi un gruppo di anziani di un centro bocciofilo, riuniti nella sala di un bar con le pareti gialle e le sedie in plastica, divisi per tavoli in vere e proprie bische, che tentano di scongiurare il passare del tempo giocando a carte.
Da piccoli si gioca per crescere, da anziani si gioca per tornare bambini. 
Immagina l'aria densa, forte. L'odore impregnato di vita consumata dagli anni.
Ora riprendi quella giovane ragazza e mettila dentro quel bar.
Cosa accade?
Occhi che osservano.
Si è appena rotto un equilibrio.
Ops.
E ora?
"Chi è?"
"E' giovane."
"E' una ragazza."
"E' tua nipote?"
"Nono, non la conosco."
"Chissà che fa qui."
"Prende il caffé."
"Grazie, quant'è?"
"Non l'ho mai vista prima"
"Le dispiace se mi siedo qui per studiare?".
La ragazza si siede.
Lei, il libro e un tavolino. Un tavolino nel bel mezzo della sala.
Occhi su di lei. Occhi che osservano lei.
"Ma cosa fa qui?".
Pian piano, ci si abitua a quella nuova presenza. Ogni tanto qualcuno rialza gli occhi, curioso. E' un pomeriggio diverso dagli altri. Carte, bische, "li mortacci tua" e "li mortacci mia", "c'ho spade, no denara", e infine lei, una ragazza. Insolita.
Non c'è mai, di solito.
Di solito.
Siamo sempre e solo noi, i tavolini, le carte, e le solite facce.
Ma ora lei? Che cosa vuole?
Dai su, continuiamo a giocare. Alla fine non fa male a nessuno, è lì che scrive con quel suo computer strano.
"Guarda come scrive veloce!".
"Sono passati i bei tempi in cui si scriveva a mano".
"E' pure scuretta di pelle. Secondo me non è italiana."
"Eh, sti stranieri. Sò venuti a rubarci il lavoro."
"SCOPA!"
"A spade ce stò io!".
"Lì denara vanno ai belli".
"Ammazza che partita che hai recuperato oh!"
La ragazza ride sotto la sua sciarpa.
Che pomeriggio strano.
Lei e quei diversamente giovani. In una sala.
Lei nel bel mezzo di quella sala ad ascoltare le voci di una vita spesso dimenticata.
"NAPOLI A BASTONI!".
"Li mortacci tua!".
"Pija l'asso!".
In questo istante, immagina un anziano signore in giacca a vento bordeau, in piedi di fronte alla ragazza.La osserva. E' affascinato dalle sue mani che si muovono veloci e sicure sulla tastiera del computer.
La ragazza alza lo sguardo. L'anziano signore sposta lo sguardo.
E'curiosità.
La diversità è questione di generazioni.
Nella stessa città, nella stessa stanza, nello stesso istante e nello stesso anno solare, convivono due realtà così distanti tra loro.
Lei, con il suo computer.
Lui, con la sua giacca a vento e gli occhi curiosi.
La ragazza riprende le sue cose. Si alza.
La osservano ancora.
"Dove va?".
"Va via".
"Di già?".
"Non sappiamo nemmeno chi è".
Apre la porta. La chiude. Si lascia quel mondo alle spalle.
E' andata via.
Ma i vecchi hanno gli occhi ancora incollati a quel tavolino e a quella sedia vuota.
Non c'è più.
Silenzio.
Guardano ancora un po' quel vuoto.
Quel posto in mezzo alla stanza.
Ancora un po'.
Poi riprendono il gioco.
Il solito.
...
"SCOPA!".

domenica 11 novembre 2012

Vivere la scrittura

L'esigenza di scrivere nasce dall'incapacità di comunicare realmente, come conseguenza del fallimento di questa comunicazione o, forse, dalla semplice necessità di esprimersi in forma libera e incondizionata.
Ma la scrittura di cui parlo non è quella dei grandi libri di successo, dei best-seller che vendono milioni di copie, bensì quella personale, interiorizzata, spontanea...quella che esprime l'esigenza di dar forma e materia a sensazioni, emozioni e pensieri intrappolati nel proprio io. 
E la scrittura non è altro che una forma di comunicazione indiretta, fittizia, "virtuale".
Non c'è contatto diretto, nessuna sostanza.
Non pretendo che questa possa essere considerata una conclusione universale: ritengo semplicemente che sia la più adatta ad esprimere il senso di questa intima necessità.

E così vorresti fare lo scrittore

E così vorresti fare lo scrittore?
Se non ti esplode dentro
a dispetto di tutto,
non farlo
a meno che non ti venga dritto
dal cuore e dalla mente e dalla bocca
e dalle viscere,
non farlo.

se devi startene seduto per ore
a fissare lo schermo del computer
o curvo sulla macchina da scrivere
alla ricerca delle parole,
non farlo.

se lo fai solo per soldi o per fama,
non farlo
se lo fai perchè vuoi
delle donne nel letto,
non farlo.

Se devi startene lì a
scrivere e riscrivere,
non farlo.
se è già una fatica il solo pensiero di farlo,
non farlo.
se stai cercando di scrivere come qualcun altro,
lascia perdere.

se devi aspettare che ti esca come un ruggito,
allora aspetta pazientemente.
se non ti esce mai come un ruggito,
fai qualcos'altro
se prima devi leggerlo a tua moglie
o alla tua ragazza o al tuo ragazzo
o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno,
non sei pronto.

non essere come tanti scrittori,
non essere come tutte quelle migliaia di
persone che si definiscono scrittori,
non essere monotono o noioso e
pretenzioso, non farti consumare dall'autocompiacimento

le biblioteche del mondo
hanno sbadigliato
fino ad addormentarsi per tipi come te
non aggiungerti a loro
non farlo
a meno che non ti esca
dall'anima come un razzo,
a meno che lo star fermo
non ti porti alla follia o
al suicidio o all'omicidio,
non farlo
a meno che il sole dentro di te stia
bruciandoti le viscere,
non farlo.
quando sarà veramente il momento,
e se sei predestinato,
si farà da sè e continuerà finchè tu morirai o morirà in te.

non c'è altro modo
e non c'è mai stato. 
Charles Bukowski